Partecipate della Regione Umbria: ripulire l’opacità

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Quando si parla di “costi della politica”, le prime cose che saltano in mente sono i compensi, le auto blu, i vitalizi e altri privilegi, talvolta scandalosi e quasi sempre ingiustificati. Tuttavia, proprio in questi giorni in cui il governo Renzi annuncia ulteriori tagli a settori essenziali come quello della Sanità perché “non ci sono i soldi”, è balzata alla cronaca di televisioni e giornali un’enorme sacca in cui si annidano sprechi, corruzione e malaffare: le partecipazioni pubbliche.Si tratta di un fenomeno molto rilevante, dato che in Italia se ne contano ben 7684, di cui attive sono 6402 secondo gli ultimi dati disponibili dalla banca dati Siquel della Corte dei Conti.

Questa zona grigia, che erroneamente non viene percepita come “pubblico”, spesso sfugge al controllo dei cittadini e invece è forse quella che più determina la loro qualità di vita. La Corte dei conti ha il compito di vigilare anche su queste realtà e dall’ultimo rapporto che ha stilato emerge una situazione critica della quale, finalmente, i media si stanno interessando.
Nella Regione Umbria questo problema è particolarmente grave sotto due punti di vista.
Le perdite milionarie in bilancio
La mancanza di trasparenza
Non tratterò in questo articolo le enormi perdite di denaro pubblico che stanno interessando le società partecipate umbre e che stanno succhiando milioni di euro dei soldi dei cittadini. Su tale punto vi terrò aggiornati a breve, giacché stiamo da giorni analizzando i bilanci di queste società, abbiamo richiesto quelli mancanti, e interverremo sia a livello politico che giuridico per eliminare la malagestione e garantire che chi si è arricchito violando la legge ne risponda davanti ai giudici.
Oggi voglio invece concentrarmi su un aspetto che è prodromico della legalità e della buona gestione della cosa pubblica: la “trasparenza”.
Lo spiegava qualche mese fa, in modo cristallino, il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) Raffaele Cantone con queste parole: “Gli affari illeciti preferiscono il buio e non amano la luce della trasparenza, che però deve essere realmente utile, deve essere di qualità e non solo di quantità e cioè consentire al cittadino di accedere alle informazioni utili con semplicità e chiarezza e, quindi, stimolare partecipazione civica e democratica”.
Infatti, come anche ricordava Antonio Giuseppone, Procuratore regionale della Corte dei Conti: “sono i cittadini a dover vigilare sulla politica!”.
Un mezzo giuridico effettivamente utile in questo senso è il decreto legislativo 14 marzo 2013 n° 33 (“Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”), il quale impone accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività di “tutte le pubbliche amministrazioni” (articolo 11 comma 1), nonché tutte le “società partecipate dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1”.
Nella Homepage di ciascun sito istituzionale deve essere prevista una sezione “Amministrazione trasparente” in cui dovrebbero essere disponibili numerose informazioni riguardanti la gestione degli enti pubblici in oggetto (bilanci di esercizio, programma per la trasparenza e integrità, condizioni reddituale dei componenti degli organi di indirizzo politico, spese per il personale e per le consulenze, contratti stipulati, ecc.). Gli obblighi di pubblicazione sono dettagliati nel decreto e sono molto ampi in termini sia quantitativi che qualitativi.
Ma il punto della norma non è tanto predisporre una sezione che si occupi della trasparenza amministrativa ma che tale sezione venga fornita di contenuti qualitativamente validi e atti a fornire al cittadino la più completa informazione sull’attività degli amministratori. L’articolo 6 infatti impone che “le pubbliche amministrazioni garantiscano la qualità delle informazioni riportate nei siti istituzionali nel rispetto degli obblighi di pubblicazione previsti dalla legge, assicurandone l’integrità, il costante aggiornamento, la completezza, la tempestività, la semplicità di consultazione, la comprensibilità, l’omogeneità, la facile accessibilità” così da consentire al cittadino comune di comprendere come vengono utilizzati i suoi soldi da coloro i quali, in definitiva, non sono altro che suoi dipendenti. Conviene anche ricordare, e quasi mai viene fatto, che il decreto in oggetto prevede anche pesanti sanzioni in caso di inadempimenti (articoli 46 e 47).
Detto ciò, se andate nella maggior parte dei siti Web di società partecipate dalla Regione Umbria, scoprirete che queste informazioni semplicemente non ci sono. Si tratta di una violazione gravissima, perpetrata nel più assoluto silenzio delle istituzioni e di chi dovrebbe vigilare sul rispetto della legge. Quello che è tragicomico è che se un comune cittadino ricerca il solo elenco delle società partecipate dalla Regione ottiene questo, un esempio di chiarezza e leggibilità, non credete?
Non solo quindi indagheremo a fondo sulle perdite della società ed enti partecipati della Regione, ma ci assicureremo anche che ciascun cittadino possa in futuro verificare in maniera semplice, accessibile, completa, comprensibile e aggiornata come viene gestita la cosa pubblica. Fonte: www.liberatiumbria.it